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14 marzo 2012

Bewußtsein

Non sono in paradiso.
Non ho mai pensato che avrei lasciato la Brianza per andare in paradiso.
Ho sempre pensato che avrei lasciato la Brianza per andare in un posto dove ora come ora si sta meglio.
Io sto meglio.

Quello che manca a molti di coloro che partono - e puntualizzo che non è stato il mio caso - è la misura di quello che lasciano.
Cosa lasciano, come la lasciano, perché la lasciano.
La misura, l'altezza, il peso specifico, la densità.

Io ho lasciato l'Italia e non credo di avere qualche impulso di qualche genere nel voler tornare in italica patria.
Mi manca la verde e ridente Brianza. La Brianza che respira, sdraiata sul fianco delle Prealpi, facendo l'occhiolino all'industriosa ed indaffarata Milano. La Brianza piccola, un enorme paese dove in qualsiasi modo ti giri incappi in persone note ed in posti in cui sei un abitué. La Brianza che mette le sue verdi e nebbiose dita attorno al tuo collo e se cominci ad agitarti un po' troppo stringe la presa, mozzandoti il fiato ma senza ammazzarti. La Brianza che un po' si incazza ma poi perdona se la trascuri per qualche tempo.
Mi manca la verde e ridente Brianza, ma essendo lei in Italia, per ora il nostro sarà uno struggente e platonico amore. La penserò ogni giorno e lei lo saprà.
Del resto, a me la nebbia è sempre piaciuta.

Qui sto meglio, nonostante le difficoltà della lingua, del permesso di soggiorno, dell'incertezza del domani, dello sradicamento.
Vedo i pro e vedo i contro e ho deciso che per ora i contro sono molti meno dei pro, quindi respiro a pieni polmoni e aspetto a braccia aperte tutto quello che verrà.
Ho fatto il giro completo, a testa in giù hai un'altra prospettiva, altre angolature, altri tempi ed altri modi. Ed altri luoghi. Altre distanze.
Quel che vedo mi piace, mi affascina, mi incuriosisce e mi porta a dire che sì, già che son qui, prendo tutto quel che c'è e cerco di vedere tutto quel che posso.

La misura di cui parlavo, però, è un'altra.
E' una misura più generale eppur più specifica. Più omnicomprensiva, proprio per questo è una buona misura ed alla lunga credo sia la misura in cui voglio stare.
Una misura completamente diversa da quella che c'è qui, che eppur ora è la migliore possibile per le priorità che ho, direi diametralmente opposta. Così come l'Oceania è diametralmente opposta all'Europa.
In Nuova Zelanda sono al margine del mondo, sto seduta su un panorama naturale di una bellezza che toglie il fiato e guardo le distanze sconfinate che mi separano dall'Australia, dall'Indonesia, dal Giappone, dall'India, dalla Cambogia e dal Vietnam. Vedo da qui culture che posso solo osservare, da lontano, da cui trarne piacere e affascinamento se prese a piccole dosi. Tipo l'andarci a fare un viaggio.
Da qui se sposto montagne, oceano, vallate, vigneti, fiumi, laghi e tramonti però vedo pochi Maori e una cultura che potrebbe avere l'età di mia nonna (d'accordo, mia nonna è molto vecchia).
Un sedile eccezionale, unico al mondo, di una bellezza fuori dal normale. Ma sotto non c'è nemmeno un tappeto e per andarlo a trovare bisogna camminare parecchio.

La mia misura è l'Europa, dopodiché la mia misura è il Mondo.
In Europa è tutto così vicino anche se è profondamente distante. L'oceano da un bar di Porto, la bellezza selvaggia dell'Ovest più profondo nel Connemara, i fiordi norvegesi, i mille laghi della Finlandia, la sconfinata Foresta Nera ed i castelli da fiaba in Germania, l'unicità dell'Italia, il misticismo dei templi in Grecia, il mondo parallelo nelle vaste pianure ad est della Polonia, il Mediterraneo e le Faroe Islands che fanno l'occhiolino all'Islanda, l'esoticità dell'entroterra spagnolo, il Mar Nero, le Highlands scozzesi. E potrei andare avanti per ore.
Chi cerca di convincermi che questo lato del mondo è meglio perché vedi cose che "a casa non ci sono" mi fa venire i brividi. Forse si tratta più di unicità di luoghi, qui come lì come in Sudamerica o Africa o negli USA o in Canada. Forse chi disprezza quello che ha a casa in favore di uno scenario mozzafiato deve fare prima pace con le proprie radici.
Io no.
Conosco bene la mia misura, so da dove vengo ed apprezzo quello che ho lasciato nella cara e vecchia Europa, piena di problemi di ogni genere ma soprattutto di diversità naturali e culturali. Soprattutto culturali.
Forse la formula sta più nel trovare tutte le variabili dell'equazione, più che preferirne una sull'altra, sapendo che sono tutte diverse tra loro. E riconoscendo la propria.
Forse chi snobba il selciato sul quale duemila anni fa ha passeggiato Aristotele, chi ride di Stonehenge, chi sminuisce il Colosseo, chi non ha idea di cosa siano le Meteore (vergogna), chi non è mai stato a mollo nelle terme romane a Budapest, chi non ha mangiato un kebab seduto nel Barbacane di Cracovia, visitato il Check Point Charlie a Berlino, fatto una foto con Nessie, pescato in un fiordo, camminato a Santiago, visto l'Africa da Gibilterra, pattinato sul ghiaccio nel mare di dicembre ad Helsinki e così via, ha molti più problemi di me a trovare la propria misura nel mondo.
Io no.
Io sto meglio.
Io sto bene.

22 settembre 2011

27 agosto 2011

Legami.

Complice il fatto che ormai so esattamente quanto tempo mi resta prima di andarmene a miglia e miglia di distanza, ultimamente mi sono ritrovata spesso a pensare ai miei legami, alla loro natura ed alle loro evoluzioni. O involuzioni.

Sarà che sono più sensibile all'argomento ma mi sembra di notare come alcuni legami siano indubbiamente più forti di altri, a prescindere dal tempo che trascorro con l'altra persona o dal modo in cui lo trascorro (uscita a bere, telefonata, chiacchierata su internet).
Altri invece stanno pian piano scoprendo buchi, carenze, graffi. Sto cercando di capirne il perché. Un paio in generale sfuggono completamente ad ogni mio tentativo di razionalizzazione.
Comportamenti imprevisti, sparizioni, cambi d'umore nei miei confronti che non riesco a giustificare né tanto meno a prevedere. In ognuna di queste occasioni, mi duole dirlo, mi sento sempre in difetto. Oddio cos'avrò fatto, cos'avrò detto, a cosa non avrò prestato la dovuta attenzione.
Stanotte poi, dopo l'ennesima dimostrazione, mi sono fermata un istante. Perché dev'essere sempre una mia mancanza? Il problema non può semplicemente essere dell'altro?
Non se ne esce.

Potrebbe essere una questione di aspettative.
Ho notato che le persone con cui è difficile che io abbia situazioni così complicate sono le stesse persone che non hanno una proiezione mentale. Non si aspettano che io faccia o dica questa o quella cosa a priori, né io con loro.
Non spariscono, non se la prendono se passo il mio tempo col mio compagno o con altri affetti, non si aspettano che io faccia qualcosa a meno che io non voglia farla.

Come ho detto a Cecilia però, che non è nient'altro che uno dei miei famosi legami indissolubili, sono stanca. Errore mio, lascio che le cose facciano il loro corso senza intervenire prima finché assumono proporzioni che non sono più in grado di tenermi sulle spalle. Penso sempre che sia una mia colpa, giustifico, lascio correre. E poi non dimentico.
Presto o tardi il punto di rottura arriva: queste persone, a cui continuo a voler bene, si trasformano in vampiri emozionali. La loro presenza o l'anche solo il pensarli mi prosciuga energie, mi indebolisce, mi abbatte. Di fronte a loro mi sento inerme, come se mi avessero in pugno e fossero libere di usarmi come un bambolotto da vestire e far giocare.

Devo trovare il modo di uscirne, o sanando quello che si può o tagliando con forbice questo legame, pur col cuore pesante.
Il problema è come.