20 ottobre 2012

Si ritrovano persi in Paesi lontani a cantare una terra di Profughi e Santi

Tra poco sarà un anno che son via da casa.
Non me la sento di tirare somme, il viaggio è appena cominciato ed è ancora tutto troppo in fase di assestamento per poter dire che ecco, questo va meglio e questo va peggio quindi è meglio se resto / torno a casa.

Diciamo che sono ancora in una fase in cui va a giorni.
Mi rendo conto che i motivi che mi portano a voler tornare a casa sono più di cuore e di impulso, mentre quelli che mi portano a dire che sì, restiamo qui per un po' (e con po' intendo un periodo di gran lunga superiore ad un altro anno) sono più razionali e lungimiranti e che sicuramente mi permetterebbero, alla fine di questo giro di giostra, di tornare con qualcosa in mano, per poter finalmente avere la vita per cui sto tanto sudando.

Che poi non è che siano questi grandi sogni di gloria.
Tutto quello che cerco è un lavoro per cui mi alzo al mattino e mi dico che ok, cazzeggiare è più allettante, ma sto andando comunque a fare qualcosa che mi piace.
Voglio un posto dove sono contenta di tornare a fine giornata, dove invito volentieri gli amici, dove mi rinchiudo nei giorni di pioggia con l'Uomo, un film, un libro o un cappone da fare arrosto, chissà. 
Voglio non dover contare i centesimi alla fine di ogni mese e dover scegliere se comprare da mangiare o pagare il dentista o la rata del frigo nuovo. Anzi, voglio una vita libera dai pagamenti a rate. Certo, tutti vorrebbero navigare nell'oro ma non è tanto a quello che punto, quanto piuttosto alla sicurezza di avere la disponibilità per pagare gli imprevisti e qualche extra, permettermi qualche buon viaggio o una bottiglia di Champagne se mi gira, e andare a letto la sera senza pensare ai conti e a come far quadrare il cerchio delle spese senza finire in rosso o ammazzarsi di lavoro.
Voglio gli affetti vicino. Che non significa necessariamente tornare al mio paese. Vicino può essere anche saltare su un aereo ed essere là in poche ore, poterlo fare anche ogni week end se mi gira. Vuol dire mangiare con loro il Panettone a Natale, bere con loro la mia famigerata Sangria per il mio compleanno, non perdermi (se possibile) il 25 Aprile e il Pintumpleanno e il concerto di Tenacious D con la mia altra metà musicale - con cui peraltro bisognerà organizzare un altro super concerto nel 2015. Ogni 10 anni, come ci siamo promesse.
Voglio essere impegnata che la noia mi uccide ma voglio poter decidere di mandare a quel paese tutto per uno o due giorni, una volta ogni tanto, e di infilarmi in qualche piega spazio temporale a leggere un libro ed ascoltare la musica e fare foto a caso e cucinare e riprendere il ritmo con me stessa rispetto a quello della vita quotidiana.
Voglio vedere quante cose belle ci sono in giro per il Mondo, che è troppo vario e sconfinato per potersene infischiare.
Voglio andare a trovare gli amici sparsi in giro per il Globo, voglio usare la mia macchina fotografica per catturare tutte le cose che mi colpiscono.
Voglio avere il tempo per cucinare per me, per le persone che amo e anche per persone che conosco poco all'occorrenza.
Voglio non perdermi i momenti importanti delle mie nipotine.
Magari poi vorrei anche dei mostriciattoli miei, prima che sia troppo tardi.

02 luglio 2012

Are you really sure of the shape of the ball?

Dovrei probabilmente aprire questo post con qualche sorta di disclaimer tipo "personalissime osservazioni", ma pensandoci meglio il blog è mio.
Il blog è per sua natura personale, ergo non ci sarà bisogno di alcun disclaimer.
Così è se vi pare, diceva qualcuno, e se non vi pare è così ugualmente, date le circostanze del luogo (fisico o astratto che sia).

Parliamo di questi Europei 2012.
La vita di un immigrato è difficile anche in questo.
Ho sempre considerato gli Europei una piccola ma interessante parentesi tra un Mondiale e l'altro, niente di trascendentale tuttavia qualcosa che ho sempre seguito anche se con più leggerezza. Quando sei lontano da casa una cosa come gli Europei 2012 sono un'altra occasione per non sentirsi totalmente chiusi fuori, e cercare di seguirli diventa qualche centimetro più importante.
Poi ti accorgi che per vedere le partite live ti devi alzare alle sei del mattino ed un po' i coglioni frullano; ti rendi conto che quando arrivi in finale e sei elettrizzato e intorno a te non c'è uno straccio di atmosfera poiché, giustamente, l'Europa è dall'altra parte del Globo, un po' il morale striscia verso il basso.

Non starò qui a sottolineare - di nuovo - come a mio parere lasciare il proprio Paese per cercare qualcosa che a casa non si trova non significhi ripudiare la Patria o denigrarla o comportarsi come se ormai tutto debba essere un confronto tra il dentro ed il fuori dei confini o, peggio ancora, siccome sei a 12mila miglia devi comportarti come se le cose che ti riguardano stessero in un raggio di pochi chilometri.
Non sono discorsi che mi interessano, li trovo infantili. Su questo non sono nemmeno più disposta a discutere, sono energie sprecate e parole buttate al vento.

Sapete anche che ho sempre amato il calcio, l'ho sempre seguito e anche dopo che abbiamo dolorosamente divorziato non ho mai smesso di seguire la Nazionale. Non ho mai smesso perché in fondo ho sempre mantenuto un valore romantico dello Sport, un momento in cui nient'altro importa se non la gioia del gioco e l'unità del supporto.
Era per questo motivo che per tanti anni ho frequentato la Curva, prima che tutto si rovinasse e che venisse contaminato da corruzione, politica, violenza, razzismo e tutte quelle altre cose che con lo Sport in sé non c'entrano proprio niente. Una domenica sì ed una no ho presenziato allo stadio e mi piaceva, vivevo la passione del supporto della propria squadra, del cantare tutti assieme perché in campo ci sentissero, della condivisione di gioia e dolore a seconda dell'esito della partita.
Sport e supporto, tutto il resto poteva anche andarsene affanculo, almeno per 90 minuti.
Tutto questo ora l'ho ritrovato nel Rugby, sport che ha sapientemente raccolto le ceneri di quella che era per me la Gloria del Calcio. Non seguo più il Campionato, se non marginalmente.
Seguo con occhio distaccato la Champions League e forse ora me la godo di più. Sicuramente continuo a seguire la Nazionale, sia negli Europei che soprattutto nei Mondiali.

Proprio perché continuo a seguire in onore del romanticismo sportivo che non mi ha mai abbandonato, mi urta terribilmente dover vedere / sentire / leggere quello che ci gira attorno.
I bisbetici che lanciano anatemi perché, non capendo il Calcio o non interessandosene, insultano il tifoso accusandolo di essere superficiale ed esortandolo rudemente ad usare le proprie energie per "cose più importanti". Come se un'Italia senza tifosi risolvesse in 48 ore la Crisi.
Peggio ancora chi, sempre non capendo o non interessandosi, usa il proprio tempo per tifare contro ed esultare per le mancate vittorie.
Non parliamo di coloro che usano il Calcio (o qualsiasi altro Sport) come mezzo per dare sfogo alle proprie frustrazioni politico-sociali: esternazioni di razzismo verso il nostro giocatore nero - bresciano D.O.C.G. per giunta - esultanze poiché la Patria non è l'Italia bensì la Padania, dimostrando ad ogni occasione la pochezza e la povertà dei loro animi; sbandieramenti con svastiche e cori fascisti e chi più ne ha più ne metta, ma si renda prima o poi conto di quanto è ridicolo per piacere.
Potrei andare avanti per ore, sottolineando come tutti coloro che non volendo seguire il Calcio per qualsivoglia motivo sociopoliticoetnicoculturale o non sapendolo apprezzare per quello che è, e cioè puro e semplice sport, e dovendoci piazzare qualche secondo fine sociopoliticoetnicoculturale perdono comunque una buona parte del loro tempo libero per cercare di denigrarlo o di distorcerlo, in realtà facciano una figura ancora più meschina di quella che loro pensano facciano i tifosi.

Solitamente sono anche persone che s'affannano a dare alla propria esistenza un valore aggiunto. Che si prendono sempre sul serio, che hanno dato l'anima a qualche causa indubbiamente nobile, persone tutte d'un pezzo che dall'alto delle loro valide esistenze giudicano il Tifoso e lo Sport, additandoli come becere perdite di tempo che rovinano l'immagine dell'uomo sapiente.
In verità, in verità vi dico: avete spaccato i maroni.
Non riuscite a vedere niente per cui valga la pena seguire la Nazionale di Calcio? Bòn, nessuno vi obbliga. Siete colti, siete eruditi, avete investito in una vita pregna di significato, non dovrebbe essere complicato per voi il concetto della Libera Scelta.
Liberamente, quindi, scegliete di dissociarvi da questa pratica barbara, retrograda e bassa.
Dissociatevi e lasciateci divertire, lasciateci entusiasmare, lasciateci tifare, lasciateci vincere o lasciateci perdere. Ma lasciateci in pace, ne fate una figura migliore.

Detto questo, alla fine dei giochi, il mio pur sempre vecchio amante Calcio mi lascia sempre quell'amaro in bocca che invece la mia anima gemella Rugby ha saputo togliere con tanta gentilezza.
Abbiamo perso la finale, l'altra squadra ha giocato meglio ed ha meritato la vittoria.
Invece di dare la colpa ai portasfiga, all'allenatore, alla congiunzione astrale o a che so io, non sarebbe stato venti volte più soddisfacente un bel Terzo Tempo?
Io dico di sì.

17 giugno 2012

The Distances

Poco più assestati rispetto a prima, si continua a camminare.
Il lavoro va avanti, in tutti i sensi. Lo studio va avanti. Il tempo passa.
Iniziamo a dar la forma del sedere al nostro divano, a prendere qualche abitudine. Del resto, noi siamo venuti qui per restare, anche se non sappiamo ancora per quanto - e soprattutto la cosa non è interamente in nostro potere.

Le nostre strade si spingono sempre più spesso fuori dagli ambienti di lavoro e casa, incrociandosi con tante altre. Spesso capita che siano altri italiani, o magari altri europei.
Siamo generalmente tra quelli con più anni sulle spalle e di sicuro siamo tra i pochi immigrati. Normalmente il tipo di europeo che incontri da queste parti ha tra i 20 e i 25 anni e fa il backpacker. Lavora nell'hospitality per racimolare soldi e li investe per la prossima meta.
In alcuni casi sono ragazzi che è qualche anno che sono lontani da casa, che lavorano sodo e che, pur cambiando meta, hanno una linea di carriera tracciata e i propri progetti in testa.
In altri casi sono i fantomatici cazzeggioni, che non si capisce mai da dove tirino fuori i soldi e come facciano per sopravvivere - salvo l'aver masterato con cura l'arte dello scrocco, perlopiù ignota a chi si guadagna il proprio pane.
Noi, più un altro paio che come noi si sono spostati esclusivamente spinti dalla volontà di una qualità della vita migliore ed una prospettiva di carriera, siamo comunque diversi da loro.
Pronti a viaggiare, ma la condizione prima per farlo è un terreno solido sotto i piedi, un percorso di vita a lungo termine se non definito almeno vagamente tracciato.
Pronti a viaggiare come conseguenza di uno stile di vita con un buon livello.
Con la valigia in mano sapendo che prima o poi si torna al disegno originale. Non necessariamente nello stesso posto fisico, ma necessariamente con le stesse linee guida.

Oltretutto, alcuni dell'ultima categoria, come ha saggiamente affermato l'Uomo "pensano di vivere su di una barca e non sanno cosa sia l'igiene personale".
Backpackers di tutto il mondo, non vi chiedo di unirvi.
Backpackers di tutto il mondo, vi chiedo di lavarvi.
Almeno quando ne avete i mezzi.

19 maggio 2012

Moving on

Dopo l'ottenimento del Work Visa, seppur molto breve, continua la marcia.

Il lavoro continua ad andare bene, vado d'accordo pressoché con tutti e ormai i miei manager fanno affidamento su di me.
Ho fatto richiesta per un avanzamento. Qui funziona così, devi essere sfacciato: è rarissimo che la promozione cada dal cielo come una benedizione, se vuoi qualcosa devi chiederla.
Ad ogni modo, la richiesta è stata accolta positivamente da chi di dovere, pian piano le cose stanno prendendo una forma a me più congeniale.

Ieri sono arrivati i risultati del mio WSET Level2 dopo quasi un mese dal sostenimento dell'esame.
Con una votazione di 90 punti ho ottenuto il pass with distinction, che è il massimo. Sono molto soddisfatta, ora punto ad attaccare il WSET Level3 tra qualche mese.
Nel frattempo ho anche lavorato su un report riguardante i vini italiani, per il boss in persona, e sto continuando a leggere libri che trattano di whisky.
Giusto per non perdere tempo, no?

Da oggi sono ufficialmente in ferie fino al 28 di maggio.
Ho preso come occasione l'arrivo di Anneli qui in New Zealand per prendere una pausa - ma porterò con me i miei libri con la speranza di non rimanere indietro con la tabella di marcia - e visitare perlomeno l'isola Nord.
Da quando sono arrivata, ai primi di novembre, ho visitato solamente Auckland e dintorni (North Shore, Rangitoto Island). Prima che si entri nell'inverno, è un buon momento di prendere fiato, guardarsi attorno, fare un giro e stare in compagnia di una cara amica.
Mi si stringe un po' il cuore perché l'Omo, dal canto suo, avendo scelto di cambiare lavoro proprio in questi giorni, sarà alle prese con "la prima settimana di lavoro" e non potrà stare con noi.
Faremo comunque due tappe ad Auckland, durante il giro, per coinvolgerlo il più possibile.

Farò milioni di foto, promesso, e ve ne mostrerò qualcuna.

24 marzo 2012

Rights

Finalmente è arrivato.
Dopo mille vicessitudini ed un quasi deny iniziale, insistendo me l'hanno concesso.
Un anno, fino a marzo 2013.
Se devo essere sincera, speravo in due anni, ma intanto prendiamo quello che c'è e si vedrà quando sarà il momento.

Adesso mi concentro sulla mia formazione.
Ho quasi terminato lo Stage Two della Glengarry Wine Academy, a breve avrò il Level2 Intermediate della WSET. Continuo a leggere e a studiare per conto mio, in parallelo ai corsi ufficiali, per cercare di apprendere il più possibile col tempo che mi è concesso.
Troverò anche qualche appunto o scritto in materia di Business Management. Tutto quello che so viene dall'esperienza, ma dopo una vita di liceo scientifico ed università, la mia impostazione mi impone di completare la mia conoscenza leggendo, prendendo note, scrivendo appunti.

Il Grande Capo, appassionato di whiskies, ha riacceso la fiammella - a dire il vero mai spenta - che c'è in me. La nota negativa è che WSET ha un Advanced in Spirits, ma è disponibile solo a Londra. Ergo per ora non fa al caso mio. Troverò altre strade.
Se chiudo gli occhi e ci penso per un istante, scommetto che il pensiero di me a lavorare in materia di Whiskies farebbe sorridere molti, soprattutto tutti coloro che mi conoscono bene.
Più realisticamente, adesso punterò a fare meglio che posso con Glengarry e vediamo cosa riserverà il futuro.

Keep on going, mates.

14 marzo 2012

Bewußtsein

Non sono in paradiso.
Non ho mai pensato che avrei lasciato la Brianza per andare in paradiso.
Ho sempre pensato che avrei lasciato la Brianza per andare in un posto dove ora come ora si sta meglio.
Io sto meglio.

Quello che manca a molti di coloro che partono - e puntualizzo che non è stato il mio caso - è la misura di quello che lasciano.
Cosa lasciano, come la lasciano, perché la lasciano.
La misura, l'altezza, il peso specifico, la densità.

Io ho lasciato l'Italia e non credo di avere qualche impulso di qualche genere nel voler tornare in italica patria.
Mi manca la verde e ridente Brianza. La Brianza che respira, sdraiata sul fianco delle Prealpi, facendo l'occhiolino all'industriosa ed indaffarata Milano. La Brianza piccola, un enorme paese dove in qualsiasi modo ti giri incappi in persone note ed in posti in cui sei un abitué. La Brianza che mette le sue verdi e nebbiose dita attorno al tuo collo e se cominci ad agitarti un po' troppo stringe la presa, mozzandoti il fiato ma senza ammazzarti. La Brianza che un po' si incazza ma poi perdona se la trascuri per qualche tempo.
Mi manca la verde e ridente Brianza, ma essendo lei in Italia, per ora il nostro sarà uno struggente e platonico amore. La penserò ogni giorno e lei lo saprà.
Del resto, a me la nebbia è sempre piaciuta.

Qui sto meglio, nonostante le difficoltà della lingua, del permesso di soggiorno, dell'incertezza del domani, dello sradicamento.
Vedo i pro e vedo i contro e ho deciso che per ora i contro sono molti meno dei pro, quindi respiro a pieni polmoni e aspetto a braccia aperte tutto quello che verrà.
Ho fatto il giro completo, a testa in giù hai un'altra prospettiva, altre angolature, altri tempi ed altri modi. Ed altri luoghi. Altre distanze.
Quel che vedo mi piace, mi affascina, mi incuriosisce e mi porta a dire che sì, già che son qui, prendo tutto quel che c'è e cerco di vedere tutto quel che posso.

La misura di cui parlavo, però, è un'altra.
E' una misura più generale eppur più specifica. Più omnicomprensiva, proprio per questo è una buona misura ed alla lunga credo sia la misura in cui voglio stare.
Una misura completamente diversa da quella che c'è qui, che eppur ora è la migliore possibile per le priorità che ho, direi diametralmente opposta. Così come l'Oceania è diametralmente opposta all'Europa.
In Nuova Zelanda sono al margine del mondo, sto seduta su un panorama naturale di una bellezza che toglie il fiato e guardo le distanze sconfinate che mi separano dall'Australia, dall'Indonesia, dal Giappone, dall'India, dalla Cambogia e dal Vietnam. Vedo da qui culture che posso solo osservare, da lontano, da cui trarne piacere e affascinamento se prese a piccole dosi. Tipo l'andarci a fare un viaggio.
Da qui se sposto montagne, oceano, vallate, vigneti, fiumi, laghi e tramonti però vedo pochi Maori e una cultura che potrebbe avere l'età di mia nonna (d'accordo, mia nonna è molto vecchia).
Un sedile eccezionale, unico al mondo, di una bellezza fuori dal normale. Ma sotto non c'è nemmeno un tappeto e per andarlo a trovare bisogna camminare parecchio.

La mia misura è l'Europa, dopodiché la mia misura è il Mondo.
In Europa è tutto così vicino anche se è profondamente distante. L'oceano da un bar di Porto, la bellezza selvaggia dell'Ovest più profondo nel Connemara, i fiordi norvegesi, i mille laghi della Finlandia, la sconfinata Foresta Nera ed i castelli da fiaba in Germania, l'unicità dell'Italia, il misticismo dei templi in Grecia, il mondo parallelo nelle vaste pianure ad est della Polonia, il Mediterraneo e le Faroe Islands che fanno l'occhiolino all'Islanda, l'esoticità dell'entroterra spagnolo, il Mar Nero, le Highlands scozzesi. E potrei andare avanti per ore.
Chi cerca di convincermi che questo lato del mondo è meglio perché vedi cose che "a casa non ci sono" mi fa venire i brividi. Forse si tratta più di unicità di luoghi, qui come lì come in Sudamerica o Africa o negli USA o in Canada. Forse chi disprezza quello che ha a casa in favore di uno scenario mozzafiato deve fare prima pace con le proprie radici.
Io no.
Conosco bene la mia misura, so da dove vengo ed apprezzo quello che ho lasciato nella cara e vecchia Europa, piena di problemi di ogni genere ma soprattutto di diversità naturali e culturali. Soprattutto culturali.
Forse la formula sta più nel trovare tutte le variabili dell'equazione, più che preferirne una sull'altra, sapendo che sono tutte diverse tra loro. E riconoscendo la propria.
Forse chi snobba il selciato sul quale duemila anni fa ha passeggiato Aristotele, chi ride di Stonehenge, chi sminuisce il Colosseo, chi non ha idea di cosa siano le Meteore (vergogna), chi non è mai stato a mollo nelle terme romane a Budapest, chi non ha mangiato un kebab seduto nel Barbacane di Cracovia, visitato il Check Point Charlie a Berlino, fatto una foto con Nessie, pescato in un fiordo, camminato a Santiago, visto l'Africa da Gibilterra, pattinato sul ghiaccio nel mare di dicembre ad Helsinki e così via, ha molti più problemi di me a trovare la propria misura nel mondo.
Io no.
Io sto meglio.
Io sto bene.

07 marzo 2012

Piccola comunicazione.
Ora tutti dovrebbero essere in grado di commentare.

Sorry for any inconvenience.

13 febbraio 2012

Yes we can.

Transizione.
La mia intenzione iniziale era di scrivere il prossimo post qualora avessi avuto qualche big big good news riguardante la permanenza neozelandese. Ho pensato solo in un secondo momento che sarebbe passato parecchio tempo. Verosimilmente molto più di quanto avessi immaginato in prima battuta.

No pain no gain, I heard them say (cit. Mike Ness).
Sapevo che non sarebbe stato facile, che ci sarebbe voluto del tempo, soldi, perseveranza.
Eppure, dopo l'impatto iniziale e la facilità con cui avevamo ottenuto la patente neozelandese e l'IRD (l'equivalente del codice fiscale italiano, che i poveri giargiani in terra italica devono sudarsi in quattordici camicie, poiché sette non sono abbastanza) quasi quasi c'avevo sperato, nel miracolo.
Quindi no, niente, per adesso siamo ancora qui con il Working Holiday Visa, ancora alle prese con code all'Ufficio Immigrazione, informazioni frammentate, lista di cose da pagare, documenti da recuperare necessariamente dall'Italia con conseguenti lacrime amare. E sopra ogni cosa: incertezza.
Sì perché ci siamo abituati a pensare che quando un'azienda di un Paese straniero decide che ti vuole allora è fatta, bisogna occuparsi di tutta una serie di noiose burocrazie ma sostanzialmente si è a posto.
Qui non è così. Puoi voler fortissimamente lavorare per quell'azienda, la quale a sua volta vuole fortissimamente te sopra ogni altro candidato. Not. Enough. Se l'Immigrazione ritiene che il tuo lavoro può essere fatto da un kiwi, non importa che sia meno motivato/qualificato/experienced rispetto a te, non importa che l'azienda non voglia lui ma voglia te. Tutto quello che otterrai è un sonoro DENIED.
Quindi è fondamentale continuare a spingere e mantenere un'attitudine positiva. Altrimenti è tutto vano.

Nel frattempo, mi concentro sulle cose positive dell'essere qui e ora. Hic et Nunc.
Sono in uno dei posti migliori di tutto il globo terrestre, per quanto riguarda l'economia ed il lavoro. Nonostante io sia al minimum wage e l'Omo sia addirittura solo part time, riusciamo a permetterci tutto quello che vogliamo (senza eccessi, ovviamente) e a risparmiare. Al lavoro siamo valorizzati, nella maniera e nella misura in cui noi vogliamo esserlo. Siamo stimolati dagli imput che arrivano dall'esterno, facciamo progetti, apriamo porte, tracciamo percorsi. Ci muoviamo.
Facciamo tutto il contrario di quello che facevamo in Italia. A casa soffrivamo il presente, incatenati, e guardavamo al futuro come remoto ed improbabile. Qui puntiamo dritto al presente, traendone il massimo, guardando al futuro come un qualcosa che prenderà forma da sé e, qualunque direzione prenda, saremo preparati.

C'è tempo per lavorare, di tanto in tanto girare nei dintorni di Auckland e fare un po' i turisti, risparmiare, stare insieme. E buttarsi in nuove esperienze.
Da qui alla fine di Aprile farò ben tre corsi di vino. I primi due sono la Wine Academy, stage one e stage two, di Glengarry. Rilasceranno certificazione, riconosciuta ovviamente solo a livello nazionale. Il terzo è il Level 2 della New Zealand School of Wines and Spirits, che è affiliata, e quindi riconosciuta a livello internazionale, alla WSET. L'intenzione è di fare anche il Level 3, l'Advanced, dopo il quale c'è "solamente" il Diploma. Ed eventualmente l'ultimo step sarebbe il Master of Wine.
Ma prendiamola con calma, per adesso è abbastanza.

04 gennaio 2012

How to be a kiwi

Quest'anno, in barba alle previsioni Maya, abbiamo ballato sulla testa di tutti: sotto la SkyTower alla mezzanotte siamo stati i primi al mondo a salutare il 2012 con 10 minuti di orologio di fuochi d'artificio.
Siamo scesi al Viaduct Harbor, zona portuale piena di locali, dove i baristi del ristorante dove lavora la mia coinquilina ci hanno offerto da bere tutta la sera.
Ci siamo trascinati su per Queen street poco prima dell'alba, fermandoci a mangiare un chicken burger da Wendy, cara Wendy, perché chiudendo gli occhi il mondo girava troppo in fretta e dovevamo far zavorra con quel panino.

2012 anno kiwi, per noi immigrati di Queen street, anche se ancora ognuno di noi si sta affannando e dimenando per capire cosa questo significhi. Tra chi si butta a testa bassa in un lavoro, o magari anche due, chi fantastica su nuove prospettive di carriera e si immerge in studi faidate, chi corre su e giù per la città a scoprire cose perché concentrarsi solo sul trovare lavoro abbatte lo spirito e chi, tra alti e bassi, male non si trova ma aveva aspettative troppo alte e deve affrontare la realtà.
Uno dopo l'altro sperimentiamo i quattro stadi del vivere all'estero, senza aspettarsi l'un l'altro, sparpagliati tra la  Honeymoon, Rage, Understanding ma ancor nessuno ovviamente raggiunge l'Acclimation.

Come pesci in una vasca, qui, proprio in riva al mare dove stanno anche tutti gli altri. Tra inquilini italiani e spagnoli, colleghi scozzesi, croati, tedeschi, sudafricani, francesi e cinesi, vicini asiatici e sudamericani e nordafricani a me è caduta in mano una chiave.
Una chiave che mi suggerisce che sì, l'Acclimation è fondamentale per poter entrare nei meccanismi di vita pratica e quotidiana dei neozelandesi, forse però è possibile limitare le vette dell'Honeymoon e soprattutto alleggerire i pesi della Rage stage se ci si mette l'anima in pace e ci si adatta ad essere un semplice cittadino del mondo.
E sì, so perfettamente che detta così pare una cagata alla woodstockfioreneicapellipaceeamore. Sembra però che funzioni.
C'è da rimanere curiosi sulle differenze del Mondo, altrimenti tutto il mondo è Brianza (facciamoci un pensiasino - no), c'è da sapere sempre da dove si viene e di cosa essere orgogliosi delle proprie origini, che sia una pizza o la propria famiglia o l'ARCI Pintupi o la storia o la cultura o il sole il mare il cuore l'amore.
Forse perché sono andata via sentendomi comunque, nel mio piccolo, italiana (ma più europea, che italiana) e se sono fuggita è perché adesso l'Europa è oggettivamente invivibile. Sono anche andata via senza risposte definitive, solo con tante idee e con tanta voglia di riscatto e di soddisfazioni, con la curiosità di vedere cosa c'è e con la leggerezza della certezza di non aver *abbandonato* niente a casa. Perlomeno niente che fosse importante.

In definitiva balliamo, in testa al mondo ed in testa al passato, calciando via a colpi di tacco le cose brutte e le fatiche inutili, lasciando in pista le cose che contano.
Siamo alla fine del mondo, la fine dove tutto inizia prima, anche il giorno.
Balliamo e vediamo su che piste andiamo a finire.