20 ottobre 2011

Career Opportunities

Come ad alcuni di voi già ho anticipato in via privata, credo di avere da poco scoperto cosa voglio fare da grande. Tra il serio ed il faceto sto provando a fare outing, anche per capire se è l'ondata di entusiasmo del momento o se effettivamente ha fondamenti di un qualsivoglia genere.
Ho fatto mente locale, negli ultimi anni di lavoro, di cosa mi è piaciuto e cosa invece meno. Il risultato in prima battuta ha stupito un po' anche me, anche se effettivamente l'acquisto del mio ultimo telefonino avrebbe dovuto darmi qualche indizio.

Sono in questi giorni alle prese con la riscrittura del mio CV in lingua inglese, niente di così drammatico se non che le posizioni lavorative sono leggermente diverse. Termini che per noi italiani indicano alte cariche di responsabilità in inglese vengono in buona parte sgravate.
Mi son così ritrovata a scrivere che nell'ultima esperienza lavorativa sono stata Store Manager.
In italiano, per l'appunto, sarebbe stato un azzardo bello e buono e sarebbe stato molto più giusto scrivere Responsabile P.V..
Stando però ai compiti dell'uno e dell'altro scopri che le due cariche coincidono, con qualche punto a favore dello Store Manager, almeno ai miei occhi.
Oltre alla gestione ordini ed in generale alla gestione della "macchina punto vendita", alla formazione dei nuovi assunti, all'essere l'interfaccia ufficiale con i piani alti dell'azienda e al prendere in consegna problematiche relative alla gestione del cliente (cose appunto che accomunano la voce Responsabile P.V. a quella Store Manager), lo Store Manager difficilmente è costantemente attivo dietro al bancone a dedicarsi alla "semplice" vendita. Quello lo fa il Responsabile P.V., che è un commesso e in più anche un responsabile.
A quanto pare, in clima anglosassone, se sei responsabile non sei anche commesso/impiegato. O meglio: lo sei ma marginalmente perché il tuo lavoro principale è gestire e lo fai anche probabilmente in maniera più accentrata rispetto al Responsabile P.V..

Ecco.
E poi appunto, ho già un BlackBerry, come ogni buon manager cliché che si rispetti.
E voglio manageriare da grande.
Mi ci vedete?

10 ottobre 2011

England belongs to me

Stasera si parte, destinazione Londra prima e Roma poi.
Sì, può sembrare avventato andarsene così per più di una settimana quando in ballo c'è ancora la predisposizione al Big Event, è vero.
E' anche vero che l'Uomo non è quasi mai uscito dall'Europa e non mi sembra opportuno fare un salto praticamente dalla parte opposta del mondo senza aver prima visto almeno uno dei pezzi forti.
Ad aver avuto più tempo - ma soprattutto ad aver avuto più soldi, che son quelli che determinano se puoi partire o meno - ci sarebbero state anche Parigi, Berlino e Dublino. Dovendone scegliere una, Londra sia.

Per me è l'ennesimo viaggio ma devo ammettere che organizzarlo è stato duro.
Avremo praticamente tre giorni interi a disposizione e voluto pianificare (assieme ad una cara amica che ha vissuto lì per un bel po') un itinerario per mostrargli il più possibile della città.

Roma invece si va a salutare amici, per entrambi non è propriamente una città d'abitudine ma poco ci manca.

E quindi, siccome sono una persona di forte spessore culturale, vi saluto prima di partire non con la solita e stra-usata London Calling dei poveri Clash ma con la meno conosciuta e più generica England Belongs To Me dei Cock Sparrer.
Anche perché per me questo viaggio è un saluto non solo a London town ma anche a tutte le altre città che ho visitato nel corso degli anni nello United Kingdom, che così unito poi non è ma tant'é.

Saluto la Great Britain, saluto formalmente l'Europa prima di andare.
Tanto poi si finisce a miglia e miglia ma sempre nel Commonwealth e l'England strikes back again.
Ad ogni modo ciao, io vado.
Poi torno eh, prima di ripartire.


England belongs to me
a Nation's pride, the dirty water on the rivers
No one can take away our memory
Oh  oh, England belgons to me