13 febbraio 2012

Yes we can.

Transizione.
La mia intenzione iniziale era di scrivere il prossimo post qualora avessi avuto qualche big big good news riguardante la permanenza neozelandese. Ho pensato solo in un secondo momento che sarebbe passato parecchio tempo. Verosimilmente molto più di quanto avessi immaginato in prima battuta.

No pain no gain, I heard them say (cit. Mike Ness).
Sapevo che non sarebbe stato facile, che ci sarebbe voluto del tempo, soldi, perseveranza.
Eppure, dopo l'impatto iniziale e la facilità con cui avevamo ottenuto la patente neozelandese e l'IRD (l'equivalente del codice fiscale italiano, che i poveri giargiani in terra italica devono sudarsi in quattordici camicie, poiché sette non sono abbastanza) quasi quasi c'avevo sperato, nel miracolo.
Quindi no, niente, per adesso siamo ancora qui con il Working Holiday Visa, ancora alle prese con code all'Ufficio Immigrazione, informazioni frammentate, lista di cose da pagare, documenti da recuperare necessariamente dall'Italia con conseguenti lacrime amare. E sopra ogni cosa: incertezza.
Sì perché ci siamo abituati a pensare che quando un'azienda di un Paese straniero decide che ti vuole allora è fatta, bisogna occuparsi di tutta una serie di noiose burocrazie ma sostanzialmente si è a posto.
Qui non è così. Puoi voler fortissimamente lavorare per quell'azienda, la quale a sua volta vuole fortissimamente te sopra ogni altro candidato. Not. Enough. Se l'Immigrazione ritiene che il tuo lavoro può essere fatto da un kiwi, non importa che sia meno motivato/qualificato/experienced rispetto a te, non importa che l'azienda non voglia lui ma voglia te. Tutto quello che otterrai è un sonoro DENIED.
Quindi è fondamentale continuare a spingere e mantenere un'attitudine positiva. Altrimenti è tutto vano.

Nel frattempo, mi concentro sulle cose positive dell'essere qui e ora. Hic et Nunc.
Sono in uno dei posti migliori di tutto il globo terrestre, per quanto riguarda l'economia ed il lavoro. Nonostante io sia al minimum wage e l'Omo sia addirittura solo part time, riusciamo a permetterci tutto quello che vogliamo (senza eccessi, ovviamente) e a risparmiare. Al lavoro siamo valorizzati, nella maniera e nella misura in cui noi vogliamo esserlo. Siamo stimolati dagli imput che arrivano dall'esterno, facciamo progetti, apriamo porte, tracciamo percorsi. Ci muoviamo.
Facciamo tutto il contrario di quello che facevamo in Italia. A casa soffrivamo il presente, incatenati, e guardavamo al futuro come remoto ed improbabile. Qui puntiamo dritto al presente, traendone il massimo, guardando al futuro come un qualcosa che prenderà forma da sé e, qualunque direzione prenda, saremo preparati.

C'è tempo per lavorare, di tanto in tanto girare nei dintorni di Auckland e fare un po' i turisti, risparmiare, stare insieme. E buttarsi in nuove esperienze.
Da qui alla fine di Aprile farò ben tre corsi di vino. I primi due sono la Wine Academy, stage one e stage two, di Glengarry. Rilasceranno certificazione, riconosciuta ovviamente solo a livello nazionale. Il terzo è il Level 2 della New Zealand School of Wines and Spirits, che è affiliata, e quindi riconosciuta a livello internazionale, alla WSET. L'intenzione è di fare anche il Level 3, l'Advanced, dopo il quale c'è "solamente" il Diploma. Ed eventualmente l'ultimo step sarebbe il Master of Wine.
Ma prendiamola con calma, per adesso è abbastanza.