04 gennaio 2012

How to be a kiwi

Quest'anno, in barba alle previsioni Maya, abbiamo ballato sulla testa di tutti: sotto la SkyTower alla mezzanotte siamo stati i primi al mondo a salutare il 2012 con 10 minuti di orologio di fuochi d'artificio.
Siamo scesi al Viaduct Harbor, zona portuale piena di locali, dove i baristi del ristorante dove lavora la mia coinquilina ci hanno offerto da bere tutta la sera.
Ci siamo trascinati su per Queen street poco prima dell'alba, fermandoci a mangiare un chicken burger da Wendy, cara Wendy, perché chiudendo gli occhi il mondo girava troppo in fretta e dovevamo far zavorra con quel panino.

2012 anno kiwi, per noi immigrati di Queen street, anche se ancora ognuno di noi si sta affannando e dimenando per capire cosa questo significhi. Tra chi si butta a testa bassa in un lavoro, o magari anche due, chi fantastica su nuove prospettive di carriera e si immerge in studi faidate, chi corre su e giù per la città a scoprire cose perché concentrarsi solo sul trovare lavoro abbatte lo spirito e chi, tra alti e bassi, male non si trova ma aveva aspettative troppo alte e deve affrontare la realtà.
Uno dopo l'altro sperimentiamo i quattro stadi del vivere all'estero, senza aspettarsi l'un l'altro, sparpagliati tra la  Honeymoon, Rage, Understanding ma ancor nessuno ovviamente raggiunge l'Acclimation.

Come pesci in una vasca, qui, proprio in riva al mare dove stanno anche tutti gli altri. Tra inquilini italiani e spagnoli, colleghi scozzesi, croati, tedeschi, sudafricani, francesi e cinesi, vicini asiatici e sudamericani e nordafricani a me è caduta in mano una chiave.
Una chiave che mi suggerisce che sì, l'Acclimation è fondamentale per poter entrare nei meccanismi di vita pratica e quotidiana dei neozelandesi, forse però è possibile limitare le vette dell'Honeymoon e soprattutto alleggerire i pesi della Rage stage se ci si mette l'anima in pace e ci si adatta ad essere un semplice cittadino del mondo.
E sì, so perfettamente che detta così pare una cagata alla woodstockfioreneicapellipaceeamore. Sembra però che funzioni.
C'è da rimanere curiosi sulle differenze del Mondo, altrimenti tutto il mondo è Brianza (facciamoci un pensiasino - no), c'è da sapere sempre da dove si viene e di cosa essere orgogliosi delle proprie origini, che sia una pizza o la propria famiglia o l'ARCI Pintupi o la storia o la cultura o il sole il mare il cuore l'amore.
Forse perché sono andata via sentendomi comunque, nel mio piccolo, italiana (ma più europea, che italiana) e se sono fuggita è perché adesso l'Europa è oggettivamente invivibile. Sono anche andata via senza risposte definitive, solo con tante idee e con tanta voglia di riscatto e di soddisfazioni, con la curiosità di vedere cosa c'è e con la leggerezza della certezza di non aver *abbandonato* niente a casa. Perlomeno niente che fosse importante.

In definitiva balliamo, in testa al mondo ed in testa al passato, calciando via a colpi di tacco le cose brutte e le fatiche inutili, lasciando in pista le cose che contano.
Siamo alla fine del mondo, la fine dove tutto inizia prima, anche il giorno.
Balliamo e vediamo su che piste andiamo a finire.

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